lunedì 13 febbraio 2012

La coltivazione di luppolo in Italia. Intervista a Mario Pedretti

Se la coltivazione del luppolo in Italia sta riscuotendo sempre più interesse lo dobbiamo, almeno in parte, ad una persona: Mario Pedretti.
Abbiamo avuto il privilegio di intervistarlo e con grande piacere riportiamo a tutti i lettori di PNZ Brewers la chiaccherata. 

NOME O NOME D’ARTE: Mario Pedretti
BIRRIFICIO O ASSOCIAZIONE: Unionbirrai – Mo. Bi.
CONTATTO: mpedretti2@alice.it

1) Come e quando nasce la passione per la birra e per l’homebrewing?La passione per la birra,(berla),viene decisamente prima di quella di autoprodurla,comunque roba di
qualche decennio fa.
La voglia di produrre birra a livello domestico,nasce nel 2000 insieme al mio amico Giuseppe.
Dopo un paio di esperimenti con kit e successive letture e ricerca di documentazione,si passa ai
grani con le pentole ed in rapida successione all’autocostruzione di un mini impiantino pilota da 30
litri,utilizzando molto materiale di recupero.
A quel punto tutto è in crescendo:incontri con vari homebrewer,partecipazione a
convegni,degustazioni,fiere.
Nel 2001,sempre con l’impiantino autocostruito,realizziamo la prima cotta pubblica in occasione di
una manifestazione gastronomica del nostro paese,tradizione che di anno in anno non abbiamo più
abbandonato.
Ogni anno alla prima domenica di novembre in occasione della manifestazione “novembre porc”,vetrina
dei prodotti gastronomici legati alla tradizione della lavorazione delle carni di maiale del nostro
territorio,realizziamo la “Cotta in piazza”,che oltre a rendere pubbliche le fasi della produzione domestica
della birra,è diventato un simpatico momento di ritrovo conviviale di tanti homebrewers.
Nel 2005 realizziamo in collaborazione con l’amico Riccardo Canetti,(marican)il nostro secondo e più
capiente impianto di produzione domestica.

2) Che homebrewer sei, quale stile prediligi?Come già detto,in collaborazione con l’amico Giuseppe,realizziamo solo ed esclusivamente cotte con
il cosiddetto metodo “all grain”,cercando da un po’ di anni a questa partte,di utilizzare il più possibile
materie prime reperibili localmente o quando possibile ,autoprodotte.
Frumento e luppolo sono interamente autocoltivati,mentre il farro ci viene fornito da un produttore locale.
Per l’orzo,utilizziamo i canali tradizionali di approvvigionamento,mentre per i lieviti,abbiamo la fortuna di
conoscere ed abitare vicino ad alcuni dei birrifici artigianali più rinomati,di cui nel tempo siamo diventati
pure amici dei gestori e quindi con la possibilità di utilizzare lievito sempre molto fresco e di ottima
qualità. Stili che produciamo con più frequenza sono: blanche, apa, golden ale, saison, noèl, dubbel,ma
sporadicamente anche altre tipologie. Ultimamente apprezzo molto le golden ale.

3) La passione più grande è, oramai, quella del luppolo, come ti è venuto in mente di coltivarlo?L’idea di produrre birra utilizzando il più possibile materie prime del nostro territorio,ha cominciato a
prendere forma dopo qualche anno,visto che ad esempio per le blanche,usavamo il frumento che
coltivava e coltiva mio padre. Da lì all’idea di autoprodurre il luppolo il passo è stato breve.
La partenza 6 anni fa con le prime 10 piantine di 4 varietà tedesche e la successiva implementazione di
anno in anno aggiungendo sempre nuove piante e varietà.
Attualmente la luppolatura delle nostre birre è data da luppolo esclusivamente autocoltivato.

4) Essendo un’attività con alto grado di autocostruzione ed inventiva, quale l’attrezzo hai ideato e che ti dà più soddisfazione?Per la parte hb,un insieme di cose che ci hanno permesso di evolvere e migliorare le varie fasi di
produzione birraria: ad es. il primo impianto autocostruito da 30 litri,il mulino per macinare ricavato da
una vecchia macchina per la pasta,la cella di rifermentazione.
Per la parte luppolo : la costruzione dell’impianto(filare),l’essiccatoio per i coni e ….ora ho in progetto
altre idee per facilitare la raccolta.

5) Quante piante stai coltivando adesso e che quantitativo di raccolto ti garantiscono?Attualmente circa 150 di 19 varietà diverse. Di alcune varietà ho poche piante,mentre di altre ho quantitativi maggiori. L’incremento di una varietà rispetto all’altra,dipende da vari fattori,tra i quali le proprietà di adattamento e d i risultati produttivi e qualitativi. Sto facendo comunque molta sperimentazione.
Le rese sono anche molto diversificate da varietà a varietà. Da alcune sono riuscito a raccogliere anche 3 – 4 kg di coni verdi,
mentre altre meno adattabili hanno dato poche decine di grammi.

6) Quali sono le maggiori difficoltà che incontri nella coltivazione di luppolo e come le risolvi?La coltivazione del luppolo,che per me rimane comunque a livello amatoriale,comporta un notevole
impegno di tempo e dispendio di mano d’opera.
Tutto quanto deve essere fatto praticamente manualmente,e già questo rende l’idea di cosa possa
significare intraprendere un lavoro,sia pur hobbistico,di una certa dimensione.
I problemi maggiori,sono comunque dati dal tenere sotto controllo le malattie alle piante sotto forma
di attacchi fungini o parassitari e poi naturalmente il discorso legato alla raccolta,che essendo
esclusivamente manuale,comporta davvero l’impegno di molto tempo.
Gli attacchi fungini li risolvo almeno in parte con l’utilizzo di presidi che vengono utilizzati anche in
agricoltura biologica,come solfato di rame e zolfo.
Per le difficoltà date dalla manualità della raccolta,l’unico metodo che attualmente conosco è l’ ”olio di
gomito” ed indubbiamente un po’ di follia intrinseca, che probabilmente contraddistingue tutti coloro che
intraprendono un’attività fatta soprattutto di passione.

7) Cosa manca di più in Italia per coltivare il luppolo in maniera seria?Probabilmente fino ad ora la mancanza di una seria conoscenza e di una cultura che porti a
considerare,come avvenuto in altri paesi,il luppolo come una eventuale risorsa da legare alle produzioni
di un determinato territorio. Approfondendo,probabilmente la mancanza stessa di una cultura birraria nel nostro paese,almeno fino a qualche anno fa. Forse in un prossimo futuro,visto il crescente interesse che si sta manifestando,specialmente verso la birra artigianale,vi potranno essere interessanti risvolti anche nei confronti della coltivazione del luppolo,ma credo che servirà ancora parecchio tempo,prima che possa diventare una realtà interessante dal punto di vista agricolo.

8) C’è una diatriba tra gli appassionati di birra artigianale in Italia sull’argomento birra agricola, tu cosa ne pensi?Fino ad ora,non ho approfondito in modo particolare l’argomento. Ne ho letto qua e là diverse considerazioni, ma quello che tutto sommato ne posso dire io da profano,è che spero che alla fine il “business”,non prevalga sull’idea di qualità.

9) Quale varietà di luppolo ti sta dando maggiore soddisfazione?Di quelle che sto sperimentando da qualche anno,alcune varietà di provenienza americana,hanno
dimostrato di essere molto adattabili alle condizioni climatiche e alla morfologia di terreno che ho a
disposizione. Buoni risultati li ho conseguiti con il columbus. Anche il chinook,che però ho in impianto solamente da un paio d’anni,mi sta dando incoraggianti risultati,ma anche altre varietà mi hanno dato buoni riscontri.

10) La moda del momento è la birra superluppolata, quale varietà preferisci nel bicchiere?Se si intende come tipologia,apa e golden ale. Se devo dire di un’etichetta che mi piace davvero molto,beh,ultimamente un pub della mia zona offre alla spina una stupenda “Harvest” di Sierra Nevada.
E’ davvero qualcosa di entusiasmante,che in prospettiva futura mi fa venir voglia di sperimentare con il
luppolo fresco.

11) Come vedi il futuro della coltivazione di luppolo in Italia?Come ho già sottolineato,il fenomeno a livello amatoriale è in piena espansione. In questi anni sono venuto a contatto con un numero sempre crescente di persone che,spinte dal desiderio di prodursi la propria birra con materie prime autoprodotte,hanno cominciato a coltivare in proprio il luppolo.
Questo,come già avvenuto in altri paesi,specialmente ad esempio negli USA,potrà sicuramente
svilupparsi ulteriormente,anche perché non comporta difficoltà eccessive rimanendo in un contesto
abbastanza limitato,e a mio avviso potrà divenire complementare all’attività di molti home brewer o
produttori casalinghi che dir si voglia. Diversa invece,o almeno per il momento,è sicuramente la prospettiva che possa diventare una attività colturale agricola vera e propria in tempi brevi. Solo limitate e sicuramente poco estese coltivazioni,potrebbero essere considerate compatibili,soprattutto dal punto di vista economico,in ragione di una totale mancanza di possibilità di meccanizzazione allo stato attuale delle cose.
Ciò non toglie,che piccole attività imprenditoriali,tipo i cosiddetti “birrifici agricoli”,non possano,come già
sottolineato,trovare gli adeguati spazi per limitate sperimentazioni,caratterizzanti in seguito le proprie
produzioni brassicole.




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