Le
buone notizie ci sono, alcuni varietà autoctone sembrano offrire buone
caratteristiche sia aromatiche che dal punto di vista di apporto
amaricante.
Speriamo sia solo l'inizio.
Speriamo sia solo l'inizio.
Siamo grati al sindaco Prof.ssa Emilia Muratori per la disponibilità e la competenza dimostrataci.
Buona lettura!
Potete spiegarci come é strutturato il progetto, quali enti coinvolge, quanti
produttori privati e come é finanziato?
Il progetto ha previsto il recupero di genotipi di luppolo
(prevalentemente sul territorio maranese), la successiva propagazione e analisi
genetica. Il passo successivo è stato la conservazione ex situ (campo
sperimentale sito a Marano sul Panaro – MO) per valutare le performance di ogni
genotipo. La selezione di genotipi italiani è il passo finale di questo
progetto di ricerca. Il progetto è finanziato dal Comune di Marano sul Panaro
(MO) e le ricerche sono svolte da ricercatori dell’Università di Parma, Dipartimento di Biologia evolutiva e
funzionale. Per ora non sono presenti produttori privati.
Le
coltivazioni si sviluppano tutte sul territorio di Marano?
Il progetto di ricerca
prevede una coltivazione a titolo sperimentale che si trova tutta sul territorio di Marano sul Panaro.
Quante e quali varietà sono state riconosciute come autoctone e quali
caratteristiche hanno?
Nel campo sperimentale abbiamo più di 50 genotipi di cui circa il
20% ha mostrato ottime caratteristiche
aromatiche; si va infatti dai luppoli speziati a quelli agrumati, da quelli
agliati a quelli erbacei, da quelli floreali a quelli dal bouquet complesso.
Diciamo che siamo a buon punto, ma ancora abbiamo bisogno di qualche altro
input dalla ricerca. Il passo successivo sarà la registrazione delle varietà.
Quali sono le maggiori difficoltà incontrate dal punto di vista agricolo e come
sono state superate?
Le maggiori difficoltà sono dovute alla scarsa meccanizzazione. Bisogna
però considerare che il campo è di tipo sperimentale e non è seguito da alcuna
azienda agricola che possa mettere a disposizione macchine per le lavorazioni e
la gestione. I
problemi agronomici avuti in questo anno di coltivazione sono stati quelli
relativi alla lotta alle crittogame (vista la primavera atipica del 2013), ma
questo ci ha permesso anche di valutare le diverse resistenze dei genotipi
studiati.
Con
l'esperienza acquisita in questi primi anni di sperimentazione dove pensate ci
sia piú da lavorare per rendere "sostenibile” anche economicamente?
Certamente col tempo ci sarà da lavorare sulla meccanizzazione e
sul completamento della filiera (macchine per la raccolta, essiccatoi e
macchine per il confezionamento). Questi problemi potrebbero essere risolti con
la creazione di associazioni e consorzi tra i produttori in modo da poter
ammortizzare le spese per la creazione della filiera luppolo. Altro punto caldo
è quello relativo alla commercializzazione
alla comunicazione tra i fruitori di questa materia prima: i birrai. Noi
crediamo che per il luppolo bisognerebbe sfruttare il motto “l’unione fa la
forza”, coltivare il proprio orticello in questa fase non aiuta l’innovazione
basata sulla coltivazione di una pianta agraria “nuova” per il paniere agricolo
italiano.
E'
già stato impiegato il luppolo per la produzione di birra, se si con quali
risultati?
Il luppolo prodotto da campo non è stato ancora usato in
birrificazione, questo perché il progetto ancora ha due soli anni di
operatività e il primo anno è servito per far crescere e ambientare le piante.
Nel 2013 abbiamo avuto una buona produzione e possiamo pensare alla fase di
birrificazione. Abbiamo pensato di utilizzare i luppoli in purezza con una base
amaricante uguale per tutte le prove in modo da esaltare l’aroma di ogni
genotipo. Quest’anno contiamo di fare da 10 a 20 cotte.
Sarebbe possibile avere qualche informazione sul progetto a partnership
europea?
Quale? Parliamo di HoPS? HoPS è una start up d’impresa che in
questo momento è in fase conclusiva e bisognerà, insieme ai soci, prendere una
decisione. HoPS nasce come un’impresa di consulenza e servizi proprio in
materia di luppolo (dalle consulenze agronomiche alle analisi di laboratorio);
è un progetto di formazione finanziato dalla Comunità Europea e dalla Regione
Emilia – Romagna. Nel prossimo futuro vediamo come evolverà… le idee sono molte
ma hanno tutte bisogno di tempo per far maturare un po’ la luppolicoltura
italiana.
Ci
sono iniziative per quanto riguarda il completamento della filiera, mi
riferisco alla coltivazione di orzo distico o all'isolamento di un ceppo di
lievito indigeno?
In Italia esistono selezioni di orzo distico (Istituto di
Cerealicoltura di Fiorenzuola d’Arda – PC), ma il problema resta la maltazione
e la poca convinzione dei birrai ad usare una materia prima italiana. Alcuni
mastri birrai affermano che la qualità europea dei malti sia migliore di quella
italiana e per questo preferiscono importare questa materia prima. Per quanto
riguarda i lieviti alcuni istituti di ricerca stanno lavorando in questa
direzione.
Quali sono gli sviluppi del progetto per il futuro?
Il futuro del nostro progetto? Bella domanda! Noi speriamo di
riuscire a trovare enti o aziende capaci di finanziare sempre il nostro
progetto, e contiamo anche su un rinnovo della Convezione con il Comune di
Marano sul Panaro che si è dichiarato disponibile a proseguire la
collaborazione con l’Università di Parma. Purtroppo la ricerca non può andare
avanti se non ci sono fondi destinati a progetti di questo tipo. Più che di
futuro parlerei di speranza, speranza di poter continuare un progetto di
ricerca che è invidiato anche da ricercatori inglesi che si occupano proprio di
luppolo. Se riuscissimo a trovare fondi sufficienti, lo sviluppo futuro del
progetto sarà quello di selezionare luppoli italiani, registrarli al ministero
e commercializzarli in Italia e all’estero. Poi c’è il sogno, cioè diventare
referenti scientifici italiani per la selezione di luppolo.
Il
progetto prevede assistenza o collaborazione con produttori di altre località o
addirittura altre regioni?
Prima dicevamo “l’unione fa la forza”, già questa frase non
preclude alcun tipo di collaborazione in Italia o all’estero; quindi ben
vengano le collaborazioni con pubblici e privati. Discorso a parte va fatto per
l’assistenza; l’attività di assistenza è impegnativa e prevede dei costi, per
spostamenti soprattutto.
Il Sindaco
Prof.ssa Emilia Muratori
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