giovedì 28 novembre 2013

Marano sul Panaro: La città italiana del luppolo

Ricordate la festa del luppolo di Marano sul Panaro dello scorso Settembre? Bene, siamo riusciti ad approfondire l'iniziativa messa in piedi dal comune di Marano con la collaborazione dell'Università di Parma.
Le buone notizie ci sono, alcuni varietà autoctone sembrano offrire buone caratteristiche sia aromatiche che dal punto di vista di apporto amaricante.
Speriamo sia solo l'inizio.
Siamo grati al sindaco Prof.ssa Emilia Muratori per la disponibilità e la competenza dimostrataci.
Buona lettura! 
Potete spiegarci come é strutturato il progetto, quali enti coinvolge, quanti produttori privati e come é finanziato?

Il progetto ha previsto il recupero di genotipi di luppolo (prevalentemente sul territorio maranese), la successiva propagazione e analisi genetica. Il passo successivo è stato la conservazione ex situ (campo sperimentale sito a Marano sul Panaro – MO) per valutare le performance di ogni genotipo. La selezione di genotipi italiani è il passo finale di questo progetto di ricerca. Il progetto è finanziato dal Comune di Marano sul Panaro (MO) e le ricerche sono svolte da ricercatori dell’Università di Parma,  Dipartimento di Biologia evolutiva e funzionale. Per ora non sono presenti produttori privati.

Le coltivazioni si sviluppano tutte sul territorio di Marano?

Il progetto di ricerca  prevede una coltivazione a titolo sperimentale che  si trova tutta sul territorio di  Marano sul Panaro.

Quante e quali varietà sono state riconosciute come autoctone e quali caratteristiche hanno?

Nel campo sperimentale abbiamo più di 50 genotipi di cui circa il 20% ha  mostrato ottime caratteristiche aromatiche; si va infatti dai luppoli speziati a quelli agrumati, da quelli agliati a quelli erbacei, da quelli floreali a quelli dal bouquet complesso. Diciamo che siamo a buon punto, ma ancora abbiamo bisogno di qualche altro input dalla ricerca. Il passo successivo sarà la registrazione delle varietà.

Quali sono le maggiori difficoltà incontrate dal punto di vista agricolo e come sono state superate?

Le maggiori difficoltà sono dovute alla scarsa meccanizzazione. Bisogna però considerare che il campo è di tipo sperimentale e non è seguito da alcuna azienda agricola che possa mettere a disposizione macchine per le lavorazioni e la gestione. I problemi agronomici avuti in questo anno di coltivazione sono stati quelli relativi alla lotta alle crittogame (vista la primavera atipica del 2013), ma questo ci ha permesso anche di valutare le diverse resistenze dei genotipi studiati.

Con l'esperienza acquisita in questi primi anni di sperimentazione dove pensate ci sia piú da lavorare per rendere "sostenibile” anche economicamente?

Certamente col tempo ci sarà da lavorare sulla meccanizzazione e sul completamento della filiera (macchine per la raccolta, essiccatoi e macchine per il confezionamento). Questi problemi potrebbero essere risolti con la creazione di associazioni e consorzi tra i produttori in modo da poter ammortizzare le spese per la creazione della filiera luppolo. Altro punto caldo è quello relativo alla commercializzazione  alla comunicazione tra i fruitori di questa materia prima: i birrai. Noi crediamo che per il luppolo bisognerebbe sfruttare il motto “l’unione fa la forza”, coltivare il proprio orticello in questa fase non aiuta l’innovazione basata sulla coltivazione di una pianta agraria “nuova” per il paniere agricolo italiano.  

E' già stato impiegato il luppolo per la produzione di birra, se si con quali risultati?

Il luppolo prodotto da campo non è stato ancora usato in birrificazione, questo perché il progetto ancora ha due soli anni di operatività e il primo anno è servito per far crescere e ambientare le piante. Nel 2013 abbiamo avuto una buona produzione e possiamo pensare alla fase di birrificazione. Abbiamo pensato di utilizzare i luppoli in purezza con una base amaricante uguale per tutte le prove in modo da esaltare l’aroma di ogni genotipo. Quest’anno contiamo di fare da 10 a 20 cotte.

Sarebbe possibile avere qualche informazione sul progetto a partnership europea?

Quale? Parliamo di HoPS? HoPS è una start up d’impresa che in questo momento è in fase conclusiva e bisognerà, insieme ai soci, prendere una decisione. HoPS nasce come un’impresa di consulenza e servizi proprio in materia di luppolo (dalle consulenze agronomiche alle analisi di laboratorio); è un progetto di formazione finanziato dalla Comunità Europea e dalla Regione Emilia – Romagna. Nel prossimo futuro vediamo come evolverà… le idee sono molte ma hanno tutte bisogno di tempo per far maturare un po’ la luppolicoltura italiana.

Ci sono iniziative per quanto riguarda il completamento della filiera, mi riferisco alla coltivazione di orzo distico o all'isolamento di un ceppo di lievito indigeno?

In Italia esistono selezioni di orzo distico (Istituto di Cerealicoltura di Fiorenzuola d’Arda – PC), ma il problema resta la maltazione e la poca convinzione dei birrai ad usare una materia prima italiana. Alcuni mastri birrai affermano che la qualità europea dei malti sia migliore di quella italiana e per questo preferiscono importare questa materia prima. Per quanto riguarda i lieviti alcuni istituti di ricerca stanno lavorando in questa direzione.

Quali sono gli sviluppi del progetto per il futuro?

Il futuro del nostro progetto? Bella domanda! Noi speriamo di riuscire a trovare enti o aziende capaci di finanziare sempre il nostro progetto, e contiamo anche su un rinnovo della Convezione con il Comune di Marano sul Panaro che si è dichiarato disponibile a proseguire la collaborazione con l’Università di Parma. Purtroppo la ricerca non può andare avanti se non ci sono fondi destinati a progetti di questo tipo. Più che di futuro parlerei di speranza, speranza di poter continuare un progetto di ricerca che è invidiato anche da ricercatori inglesi che si occupano proprio di luppolo. Se riuscissimo a trovare fondi sufficienti, lo sviluppo futuro del progetto sarà quello di selezionare luppoli italiani, registrarli al ministero e commercializzarli in Italia e all’estero. Poi c’è il sogno, cioè diventare referenti scientifici italiani per la selezione di luppolo.

Il progetto prevede assistenza o collaborazione con produttori di altre località o addirittura altre regioni?

Prima dicevamo “l’unione fa la forza”, già questa frase non preclude alcun tipo di collaborazione in Italia o all’estero; quindi ben vengano le collaborazioni con pubblici e privati. Discorso a parte va fatto per l’assistenza; l’attività di assistenza è impegnativa e prevede dei costi, per spostamenti soprattutto.





Il Sindaco

Prof.ssa Emilia Muratori

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