mercoledì 12 settembre 2012

Il catalizzatore veneto... Filippo Longhi


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A distanza di qualche giorno dalla nostra affermazione al Concorso della Brasseria Veneta (abbiamo vinto il premio della giuria popolare!) torniamo con un una intervista, la rubrica del blog che preferiamo. Oggi vi proponiamo la conversazione intercorsa con uno dei principali attori del movimento birraio artigianale veneto. Signore e signori Filippo Longhi. 

 1) Ciao Filippo, come nasce la tua passione per la birra?
Ciao Leo, la passione per la birra in me nasce, come forse capita a molti, negli anni del motorino quando finalmente si è liberi di muoversi e andare al Pub. L'interesse per la birra buona e poi la passione per farla nascono sicuramente negli anni dell’università. Dopo un primo approccio all’alberghiero e alcuni esperimenti casalinghi subito castrati, finalmente all’università riesco ad avere l’indipendenza necessaria per coltivare la mia passione. Sicuramente l’incontro con le birre americane durante il salone del gusto 2006 e il contributo di Opie (un mio compagno di corso americano) hanno fatto scaturire in me uno slancio sempre crescente. Ah come dimenticare il primo viaggio in Belgio con Kuaska nel 2007?

2) Sappiamo che gli studi universitari ti hanno portato ad approfondire il comparto alimentare in molti suoi aspetti, come si riflette nel lavoro in birrificio?
Sicuramente avere una cultura alimentare e di conseguenza un gusto abbastanza formato ti aiuta in molti piccoli aspetti, ad esempio nell’uso di alcuni ingresienti extra cercando di scegliere quelli più appropriati.
Molto utile anche per gli abbinamenti con il cibo.

3) Sei socio (Mobi), sei docente, sei mastro birraio, sei publican. Un vulcano di idee e attività che fa da "collante" tra i diversi attori del mondo birraio. Quanto è importante la comunicazione e la collaborazione tra queste figure? È un approccio che funziona nella nostra realtà?
Alla prima domanda ti rispondo fondamentale! Se si da un occhio all’estero ad esempio in Inghilterra, questo esiste da sempre, spesso birrificio e Pubs appartengono alla stessa compagnia. Anche in italia, salvo alcune eccezzioni, le realta di maggior successo coniugano le varie figure che citi, su tutte Baladin e Lambrate.
Se si produce qualità è fondamentale che questa venga comunicata e chi più del publican è a contatto con il bevitore di birra? Il punto è che non sempre chi stà dietro al bancone conosce ciò che sta servendo o peggio si non rende conto dell’importanza di vendere cultura, e questo è un enorme problema non solo nel settore birra. Se si continuano a vendere prodotti di multinazionali identici fra di loro e senza anima, fra qualche anno non ci sarà nessuna differenza e dunque motivo di
Devo dire che da noi questo tipo di approccio apparentemente funziona. Anche se in veneto la mentalità dell’orticello è sempre presente, creare delle collaborazioni fra piccole realtà che ricoprono le mansioni in oggetto crea sicuramente delle sinergie che sono poi le stesse sinergie hanno fatto crescere le aziende grandi.

4) Quale birra all'assaggio hai pensato: questa avrei voluto farla io?
Parecchie, sicuramente le birre che più invidio in questo momento sono le birre di Valter (Loverbeer), la Madamin su tutte. Forse proprio perchè ha sfatato uno dei miei tabù cioè fare delle birre acide veramente buone fuori dai luoghi d’origine. E lui ci sta riuscendo.
Se dici poi parto con la lista, in pratica penso che ogni birra che uno fa prenda spunto da una birra che ha bevuto e che avrebbe voluto fare. Poi ognuno ci mette del suo, siam’ mica come i cinesi.

5) Cosa manca alla birra italiana per imporsi definitivamente tra i grandi della birra mondiale?
Bereamare altra creazione di  Filippo
Nulla dal punto di vista qualitativo. Credo che le grandi perle nazionali non abbiano nulla da invidiare alle straniere. Poi nel sottobosco circola di tutto…
La cosa che più salta all’occhio è invece è la differenza di prezzo. Ma questo è un problema che i micro possono risolvere solo in parte. La responsabilità più grossa rimane sempre dei nostri amministratori che nonostante gli stipendi più che doppi rispetto ai nostri competitor internazionali, sembra facciano a posta a rendere complicatissima quasi ogni cosa. Tutto ciò poi determina dei costi per le aziende le quali poi a qualcuno li devono mettere in conto.

6) Vorremmo conoscere la tua posizione sulla birra agricola italiana?
Devo dire che è un po’presto per parlarne, birre agricole a tutti gli effetti se ne trovano poche e sicuramente sono ancora troppo giovani per essere giudicate. Sicuramente l’intera operazione è stata gestita male, all’italiana per intenderci. La nuova norma è sicuramente deficitaria in quanto non obbliga nessun agricoltore ad impiegare il proprio luppolo. In america la rivoluzione è partita proprio da questo ingrediente.
Mi fa parecchio riflettere il fatto che in tutto il mondo, anche in zone ben più vocate dell’ italia per la produzione del orzo per birra, si stiano recentemente chiudendo le malterie interne o comunque di piccole dimensioni perché antieconomiche e che noi in italia, in un paese dove non abbiamo una grossa cultura in materia ci mettiamo a fare i maltatori. Mah? Misteri del nostro paese. Comunque mi auguro di sbagliare, perchè mi piacebbe molto riuscire a fare la mia birra con l’orzo coltivato nei campi della mia famiglia. Ma a quanto pare oggi significherebbe proporre un prodotto di qualità sicuramente inferiore, dunque per il momento no.

7) Parlaci del birrificio Filó?
Il birrificio Filò o meglio Il nome Birra Filò scomparirà, perchè non è possibile registrarlo. La filosopia che stà dietro a tale progetto comunque rimarrne sempre viva nei miei progetti che finalmente sembra stiano prendendo una forma più concreta. E un altro nome.
Ovviamente mi riferisco alla, spero, imminente apertura di un mio impianto produttivo, con locale di mescita annesso, dove oltre alla Stelle e Stalle (che attualmente realizzo al Birrone e Commercializzo grazie all’aiuto di Vanni del Druncken Duck Pub di Quinto vicentino), produrrò altre birre e le farò conoscere assieme al mio nuovo socio Filippo.
Ti prometto che appena so qualcosa di più certo ti faccio una bella panoramica.

8) Hai svolto diverse esperienze anche in festival birrai all'estero. Come ti hanno arricchito queste occasioni?
Il paragone che mi viene più facile e come per un pittore andare a visitare le più importanti pinacoteche del mondo. In più ai festival si conoscono persone che hanno esperienze che nemmeno i migliori libri riescono a raccontare. La birra deve essere vissuta. Fondamentale andare anche nei luoghi di produzione dove si respira l’anima del prodotto. Bere un prosecco a Valdobbiadene non è come berlo a Milano o New York.

9) Parlaci dell' associazione e dei nuovi progetti per il futuro?
Qui mi cogli impreparato, se devo essere sincero sto un pochino trascurando il MoBI perché sto lavorando molto al progetto del birrificio. È da poco uscita la traduzione del magnifico Designing Great Beer di Mosher (Progettare Grandi Birre il titolo italiano) interamente curata dal Movimento e a breve dovrebbe uscire la traduzione di un'altra bibbia del genere. 

10) Si cade spesso nel confronto tra birra e vino, per come accompagnano il cibo, per la loro appartenenza al territorio e spesso anche per i prezzi. Tu che hai studiato entrambe, sono
bevande paragonabili?
Beh sia il mondo dei vini che quello delle birre sono cosi vasti che le i paragoni possono essere molti. Inoltre sono entrambe bevande fermentate per cui appartenenti allo stesso emisfero. Ma anche le differenze sono molteplici, la principale è che il vino è l’espressione della fermentazione di un unico ingrediente (Facciamo finta di non sapere che l’uso di lieviti selezionati dovrebbe essere considerato come un aggiunta di un altro ingrediente, fra l’altro fortemente caratterizzante) mentre la birra e l’espressione di una ricetta fatta di almeno 4 ingredienti (Il lievito sto giro lo consideriamo, noi conosciamo Pasteur, il legislatore forse no) Nel vino c’è (o ci dovrebbe essere) molto più territorio che nella birra, dove tende a perdersi nel più complesso processo produttivo.
Sui prezzi ci sarebbe molto da discutere, il vino in italia non paga accise, mentre la birra si e questo è un fattore che determina gia un piccolo svantaggio per i prezzi della birra. Poi spesso nel paragone dei prezzi si tende a trascurare il paragone qualitativo. È logico che un vino fatto dalle macchine costi meno di una birra fatta da un uomo. Poi sono il primo a dirti che certi eccessi in campo birrario sono spropositati.
Negli abbinamenti con il cibo c’è da divertirsi con entrambi, la birra da sicuramente un’ elasticità maggiore. Offre dei gusti che il vino non ha, un esempio su tutti è l’amaro.

Ringraziamo Filippo per la disponibilità e alla prossima...




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